Christina of MARKYATE (ca.1096-1154)

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“Ad un manoscritto del XIV secolo, custodito alla British Library di Londra, si deve quanto oggi sappiamo di una delle figure più affascinanti, e meno note, della mistica medievale: Cristina di Markyate, anacoreta inglese laica e in seguito monaca. Unico caso documentato di mistica femminile anteriore a Giuliana di Norwich e Margherita Kempe. La Vita di Cristina di Markyate, questo è il titolo dell’opera attribuibile indirettamente a Cristina, è un testo anonimo e incompleto, originariamente redatto nel secolo XII da un monaco del monastero benedettino di St Albans a lei molto vicino. La vicenda biografica di Cristina si svolge in uno dei momenti più difficili della storia medievale inglese, la transizione epocale che segue alla battaglia di Hastings del 1066, in cui i normanni avevano duramente sconfitto gli anglosassoni.
Nata nei dintorni di Londra da una ricca famiglia di mercanti di origine anglosassone, Cristina è una donna forte e determinata, che sceglie di consacrarsi a Cristo fin da giovanissima, pronunciando in segreto un voto di castità. Scampata a un tentativo di abuso da parte del potente vescovo di Durham Ranulfo Flambard (braccio destro di re Guglielmo il Rosso), Cristina attira su di sé la vendetta del vescovo che non ne accetta il rifiuto e che riuscirà infine a strapparle il consenso maritale. Al tragico epilogo, però, segue la fuga dalla casa paterna e dal mondo: intorno al 1118, infatti, grazie all’aiuto del suo maestro, il canonico di Huntingdon Sueno, Cristina abbraccia la vita anacoretica e viene segretamente condotta alla cella di Alfwena di Flamstead. Qui trova riparo per due anni, poi viene trasferita in un eremo che godeva della protezione dell’abbazia di St Albans, un luogo in cui sarebbe rimasta molto a lungo: la cella dell’eremita Ruggero a Markyate. Gli anni trascorsi a Flamstead e a Markyate sono gli anni durissimi della reclusione: il minimo sospetto della sua presenza in quei luoghi avrebbe attirato i suoi persecutori che non si erano arresi alla sua fuga.
L’esperienza anacoretica segna anche la crescita spirituale e intellettuale di Cristina, che è un’illitterata: non è in grado di scrivere, ma legge il latino. In questi anni si incrementano le sue visioni spirituali ed estatiche in cui l’esperienza del divino avviene principalmente attraverso la mediazione della Vergine Maria e del Cristo. A Markyate, intorno al 1122, riceve una rassicurante visione Cristo trascritta nella Vita (Vita, c. 39, trad. di F. P. Ammirata).
Di lì a poco Cristina viene sciolta dal vincolo matrimoniale e, con il sopraggiungere della morte di alcuni tra i suoi più efferati persecutori e della rassegnazione dei genitori, è finalmente libera di vivere come “sposa di Cristo”. Alla morte dell’eremita Ruggero, Cristina, che frattanto ha rifiutato le proposte di conduzione delle comunità femminili di Fontevrault e Marcigny, giunte d’oltremare, sceglie caparbiamente di farsi carico dell’eremo di Markyate. Intorno al 1130, entra in contatto con il suo terzo maestro, l’abate Goffredo di St Albans, uomo potente e sensibile alla religiosità femminile, che aveva già promosso la fondazione del convento di Sopwell per le « sanctae mulieres” dell’eremitaggio del bosco di Eywoda. All’abate Goffredo si deve la fondazione del convento di Markyate affinché Cristina, dopo la professione monastica a St Albans, possa “guidare e istruire” le sue discepole. La narrazione della Vita s’interrompe misteriosamente intorno al 1140, qualche anno prima dell’erezione del convento di Markyate. Grazie ad alcune fonti si ha notizia di due ulteriori fatti che ci permettono di stabilire che almeno fino al 1155 Cristina è ancora in vita. Dopo il 1155 non si hanno più notizie della priora visionaria, né di un suo culto”.

Fonte : Iole Turco, http://www.enciclopediadelledonne.it/biografie/cristina-di-markyate/

 

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