Chiara da MONTEFALCO (1268-1308)

Santa Chiara da Montefalco. Culto, Storia e Arte, Corpus Iconografico, a cura di Roberto Tollo e Orlando Ruffini, edizione Biblioteca Egidiana

Chiara nasce da Damiano e Iacopa a Montefalco, una piccola cittadina umbra che domina la valle di Spoleto. Chiara aveva una sorella e un fratello maggiori, Giovanna e Francesco. Giovanna fondò, con l’aiuto economico del padre, il reclusorio di San Leonardo, di cui diventò la prima rettrice; le donne lì si ritiravano vivendo in reclusione e pregando, ispirandosi alla regola (ancora non pienamente riconosciuta al tempo) di Francesco d’Assisi.
La piccola Chiara resta segnata dall’esempio che la famiglia le propone e, all’età di sei anni, entra nel reclusorio di Giovanna, dove trascorre i successivi sette anni. Cresciuta la comunità, Giovanna e le donne del reclusorio si trasferiscono sul colle di Santa Caterina del Bottaccio in un edificio ancora incompleto. Ma il nuovo insediamento, che sottintendeva la costruzione di un vero e proprio monastero, non viene accolto pacificamente in città. Affiancandosi ad altri tre conventi più antichi, uno francescano, un secondo agostiniano e un altro benedettino, il reclusorio di Giovanna viene ritenuto dannoso per Montefalco, perché andava ad aggiungersi alle altre comunità che già vivevano di elemosina, e quindi si tentò di convincere le donne a desistere dai loro progetti. Nel 1290 Giovanna chiede al vescovo di Spoleto di facilitare l’istituzionalizzazione della comunità, in cui verrà introdotta la regola di sant’Agostino, anche se i confessori e i cappellani erano francescani. Secondo Giulia Barone, “la decisione di adottare una regola non fu del tutto libera. Era diventato infatti sempre più pericoloso il vivere al di fuori di un ordine riconosciuto” (p.253). Con il nuovo monastero della Santa Croce e di Santa Caterina d’Alessandria, vengono a fondersi i due momenti della storia di queste religiose: quello della vocazione eremitica, rappresentato dall’esperienza del reclusorio, con l’altro della regola monastica; Giovanna ne diventa badessa, rimanendo l’insediamento sotto la diretta giurisdizione del vescovo. Chiara cresce seguendo le sorti di questo luogo; soltanto in occasione della grande carestia del 1283, insieme a un’altra compagna, esce dal reclusorio per la questua, ma dopo otto volte le viene impedito di continuare; da questo momento, fino alla morte, rimane isolata in clausura.(wikipedia)

Secondo Romana Guarnieri, iniziò con slancio pauperistico, mendicando “un pane per l’amor di Dio”, ma fu presto ricondotta a miglior consiglio, in attesa di essere claustrata del tutto (Guarnieri, p.39).

Fonti: https://it.wikipedia.org/wiki/Chiara_da_Montefalco e
GUARNERI Romana, Amiche mie, beghine, in Ruah, Il femminile di Dio, Piccola biblioteca Millelire, n.14, Stampa alternativa
BARONE Giulia, problemi ancora aperti intorno a Chiara di Montefalco, in DINZEBACHER Perter – BAUER Dieter R. (a cura di), Movimento religioso e mistica femminile nel Medioevo,  Ed. Paoline, 1993

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